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Corte d' Appello di Roma, sez. lav., Ordinanza 11 aprile 2002 |
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LA CORTE D'APPELLO DI ROMA SEZIONE LAVORO
composta
da dr. Silvio SORACE -
Presidente dr. Giuseppe BRONZINI -
Consigliere dr. Giovanni CANNELLA
- Consigliere
relatore
pronunciando sull'istanza per gratuito patrocinio, presentata da Luigina
Favelli nel giudizio d’appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Roma
del 20.9.99 nei confronti del Condominio di via Brichetti 23 (R.G.
834/A/2000); premesso che
con ricorso depositato in data 11.10.96 l'odierna appellante conveniva in
giudizio davanti alla Pretura di Roma, in funzione di giudice del lavoro, il
Condominio di via Brichetti 23, chiedendo l'accertamento del rapporto di lavoro
subordinato di portierato, con condanna del datore di lavoro al pagamento della
somma di £ 244.537.304, oltre accessori, a titolo di differenze retributive,
compenso per lavoro straordinario e TFR, oltre all'accertamento
dell'insussistenza del licenziamento con conseguente pagamento di tutte le
retribuzioni successive; che
il Condominio si costituiva, resistendo alle domande e chiedendo in via
riconvenzionale la condanna della lavoratrice al rilascio dell'alloggio e al
pagamento dell'indennità di occupazione; che
il Tribunale di Roma decideva la causa con sentenza del 20.9.99, riconoscendo
alla Favelli la somma di 45 milioni di lire, a titolo di retribuzioni fino alla
cessazione del rapporto in data 29.5.96, decurtando la somma di 15 milioni di
lire a titolo di indennità di occupazione dell'alloggio e condannando la
lavoratrice al rilascio dell'alloggio; che
la Favelli proponeva appello, chiedendo, in riforma della sentenza di primo
grado, l'integrale accoglimento delle domande e il Condominio resisteva,
chiedendo in via riconvenzionale il pagamento della maggior somma di £ 375.000
mensili fino all'effettivo rilascio dell'alloggio; che
la Corte d'appello sospendeva l'esecuzione dell'ordine di rilascio
dell'alloggio; che
l'avv. D'amico, che aveva presentato il ricorso d'appello, in data 13.11.2000
rinunciava al mandato e la Favelli il 14 e 16 novembre presentava istanza di
ammissione al gratuito patrocinio; che
con ordinanza del 27.11.2000 l'istanza veniva rigettata dalla Corte d'appello,
per superamento del limite di reddito di 2 milioni previsto dalla legge n.
533/73; che
all'udienza del 22.2.2001 il nuovo difensore, avv. Maurizio de Stefano,
sollevava questione di illegittimità costituzionale dell'art. 11, comma secondo,
della legge n. 533/73 per contrasto con l'art. 2, 3, 24 della Costituzione e con
l'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo del 4.11.1950, per la
mancata rivalutazione della soglia massima dei 2 milioni di reddito annuo,
tenuto conto della svalutazione monetaria dal 1973 al 2001 (e successivamente in
via gradata l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma secondo, legge
134/2001, per la reintroduzione degli oneri fiscali e amministrativi nei
processi del lavoro, che tuttavia sono stati nuovamente esclusi con legge
(6 dicembre 2001, n.437
n.d.r.), con conseguente
assorbimento della questione di costituzionalità); che
il Condominio eccepiva la tardività dell'istanza, che doveva essere presentata
"contestualmente" al deposito del ricorso, la mancata indicazione degli avvocati
tra i quali la Corte avrebbe potuto, in ipotesi, nominare il difensore,
l'implicita rinuncia all'istanza per effetto della nomina del nuovo procuratore
antistatario, la mancata impugnazione del rigetto dell'istanza sotto forma di
reclamo, la carenza di interesse ad agire a causa della nomina di un difensore
che si è dichiarato disposto ad anticipare le spese, l'impossibilità di una
sentenza della Corte costituzionale c.d. manipolativa o additiva;
che all'udienza del 18.10.2001, la difesa della Favelli, in relazione all'eccezione di tardività dell'istanza, sollevava nuova questione di costituzionalità dell'art. 13 comma 1° della legge n. 533/73, nella parte in cui non prevede l'ammissione del gratuito patrocinio nei gradi successivi al primo e in pendenza del processo; tutto ciò premesso, la Corte osserva quanto
segue: rilevato
che il diritto al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, attraverso
le successive tappe del processo legislativo in materia, deve ormai considerarsi
pienamente vigente nel nostro ordinamento, non quale principio programmatico
della Costituzione o dell'ordinamento comunitario o internazionale, che richieda
però una specifica normativa nazionale di attuazione, ma quale norma
direttamente applicabile nel nostro ordinamento;
considerato, infatti, che l'art. 24 della Costituzione stabilisce che
"tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti" e che "sono
assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e
difendersi davanti ad ogni giurisdizione"; che
l'art. 6, paragrafo 3 lett. c), della Convenzione dei Diritti dell'Uomo dispone
che "ogni accusato ha diritto a…, se non ha i mezzi per pagare un difensore,
poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono
gli interessi della giustizia"; che la
norma deve considerarsi applicabile anche ai giudizi civili, come affermato
dalla stessa Corte europea dei diritti dell'uomo con sent. 9.10.79 (caso Airey,
in Foro it., 1980, parte IV, pag. 5);
che la suddetta disposizione è stata resa esecutiva con
legge n. 848/55 ed è stata direttamente applicata nel nostro ordinamento con
portata generale, ad esempio con riguardo ai procedimenti disciplinari a carico
dei magistrati (le Sezioni Unite della Suprema Corte con sent. n. 7662/91, hanno
in conseguenza ritenuto abrogato l'art. 34, 2° comma, r.d.l. n. 511/46, che non
garantiva la pubblicità dell'udienza disciplinare); che la Corte costituzionale, con sent. n. 10/93, ha
affermato che le norme della Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo "sono state introdotte nell’ordinamento italiano
con la forza di legge propria degli atti contenenti i relativi ordini di
esecuzione…che sono tutt’ora vigenti, non potendo, certo, essere considerate
abrogate dalle successive disposizioni…perché si tratta di norme derivanti da
una fonte riconducibile a una competenza atipica e, in quanto tali,
insuscettibili di abrogazione da parte di disposizioni di legge
ordinaria"; che analogamente la Cassazione ha statuito che "le norme
della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo in quanto principi generali
dell’ordinamento giuridico godono di una particolare forma di resistenza nei
confronti della legislazione posteriore" (sent. del 12/05/1993, sez. penale) e
che "tali norme…impongono agli stati contraenti veri e propri obblighi giuridici
immediatamente vincolanti e, una volta introdotte nell’ordinamento statale
interno, sono fonte di diritti ed obblighi per tutti i soggetti" (sent. n.
6672/98, sez. civile); che l'Unione Europea ha recepito i principi della
Convenzione dei diritti dell'uomo stabilendo che "l'Unione rispetta i diritti
fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia
dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e quali risultano dalle
tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali
del diritto comunitario" (attuale art. 6 nel testo consolidato del Trattato
sull'Unione europea); che l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea stabilisce al terzo comma che "a coloro che non dispongono
di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò
sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia"; che la Carta dei diritti, anche se non ancora inserita
nei trattati, è ormai considerata
pienamente operante come punto di riferimento essenziale non solo per l’attività
delle istituzioni comunitarie, ma anche per l’attività interpretativa dei
giudici europei, tanto che è costantemente richiamata negli atti degli organi
europei, ma anche invocata più volte nelle conclusioni dell'avvocato generale
nei giudizi dinanzi alla Corte di giustizia europea; che, recentemente, proprio l'art. 47 della Carta è stato
richiamato, e quindi utilizzato come fonte normativa, nella motivazione della
sentenza 30.1.2002 del Tribunale di prima istanza della Corte di Lussemburgo
(causa T-54/99, Max Mobil Telekommunikation Service GmbH); rilevato
che la disciplina sul gratuito patrocinio nel rito del lavoro contenuta nella
legge n. 533/73, non consente nel caso all'esame della Corte un'effettiva
applicazione del diritto al gratuito patrocinio dei non abbienti, essendo
previsto il limite di reddito di 2 milioni, mai aggiornato dal 1973 nonostante
la rilevante svalutazione;
considerato che non può trovare ancora applicazione la legge n. 134/2001
che ha riformato la materia, fissando il limite di reddito di 18 milioni, ma
solo a decorrere dal
1.7.2002; ritenuto
che, sulla base dei principi esposti, il limite di reddito indicato dalla legge n. 533/73 non possa trovare
applicazione al caso in esame, essendo chiaramente in contrasto, perché
irrisorio, con il principio effettivo del gratuito patrocinio dei non abbienti fissato dall'art.
6 della Convenzione dei diritti dell'uomo, resa esecutiva con legge 848/55, che
prevale, come si è detto, anche sulle norme di diritto interno successive,
essendo dotata di una "particolare forma di resistenza", e dall'art. 47 della
Carta di Nizza e quindi anche dal diritto comunitario, che consente la
disapplicazione da parte del giudice ordinario delle norme del diritto nazionale
contrastanti; rilevato che la disapplicazione del limite di reddito
indicato comporta la necessità di determinare equitativamente un diverso limite
di reddito, in assenza di un limite individuato dalle fonti indicate, che può
essere validamente rapportato ad una misura di poco inferiore ai 18 milioni
annui previsti con decorrenza 1.7.2002 dalla legge 134/2001;
considerato che, in applicazione di tale criterio,
l'appellante rientra certamente nel limite di reddito tutelato, potendo godere
di un reddito non superiore ai 14 milioni annui, anche tenendo conto del reddito
derivante dall'appartamento in proprietà (mentre nessun rilievo può avere il
versamento di una somma una tantum in ottemperanza della sentenza di
primo grado, quantomeno perché non imputabile ai redditi dell'anno
esaminato); rilevata l'infondatezza dell'eccezione di tardività
dell'istanza di gratuito patrocinio, quanto alla presentazione in appello,
poiché l'istanza può essere presentata in qualsiasi grado e stato del
procedimento (Cass. n. 5579/78; Cass. n. 4855/84) e quanto alla contestualità
con l'atto introduttivo del giudizio, perché l'istanza è stata proposta subito
dopo la proposizione dell'appello incidentale e quindi resa necessaria dalle
spese conseguenti (ad esempio la CTU per la determinazione del valore
dell'alloggio); considerato d'altra parte che l'impossibilità di
proporre l'istanza nel corso del giudizio, o di riproporla a seguito, ad
esempio, del mutamento delle condizioni economiche dell'istante, sarebbe in
contrasto con il principio effettivo del gratuito patrocinio dei non abbienti e
la norma così interpretata andrebbe quindi disapplicata; considerato che la nomina di un procuratore antistatario
(a cui in seguito, peraltro, è stato revocato il mandato) non può interpretarsi
come rinuncia implicita all'istanza di gratuito patrocinio, né fa venir meno
l'interesse all'istanza, sia perché l'impegno ad anticipare le spese non
significa rinuncia alle stesse da parte dell'avvocato, sia perché l'ammissione
non riguarda solo le spese e competenze del difensore, ma anche le altre spese
del processo, ad esempio per consulenti, che nel caso in esame potrebbero essere
necessari per la determinazione delle differenze retributive e del valore
dell'alloggio (cfr. in questo senso Cass. n. 3079/85); ritenuto, infine, che l'istanza riproposta può essere
considerata sia come reclamo avverso l'ordinanza di rigetto, sia come autonoma
nuova istanza, sempre proponibile per quanto detto; rilevato che le ragioni
dell'appellante non possono ritenersi manifestamente infondate, ai fini
dell'art. 11 1° comma L. n. 533/73, essendo basate su una diversa lettura di una
complessa istruttoria; P.Q.M. La
Corte accoglie l'istanza di gratuito
patrocinio, revocando per quanto occorre l'ordinanza del 27.11.2000; manda alla Cancelleria per la immediata
richiesta al Consiglio dell'ordine dell'indicazione del difensore ai sensi
dell'art. 13, 3° comma, L. n. 533/73 entro il e rinvia la causa all'udienza
dell’11.7.2002. Roma,
11.4.2002
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