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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA
PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTISTI Mariano - Presidente Dott. CAMPANATO Graziana -
Consigliere Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere Dott. ROMIS Vincenzo
- Consigliere relatore Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da C.N., nato il ... avverso ordinanza del 16/02/2004
Tribunale di Milano; sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ROMIS
VINCENZO; lette le conclusioni del P.G. Dr. Fraticelli M. che ha chiesto
declaratoria di inammissibilita' del ricorso.
OSSERVA C.N. ha proposto ricorso per
cassazione avverso l'ordinanza con la quale il Tribunale di Milano aveva
respinto il ricorso/reclamo presentato dal C. contro il provvedimento del
Giudice dell'Esecuzione di rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio a
spese dello Stato. Il ricorrente ha chiesto l'annullamento dell'impugnato
provvedimento, deducendo violazione di legge sotto un duplice profilo: a) la
norma richiamata dal giudice nel suo provvedimento - L. 30 luglio 1990 n. 217,
art. 15 ter e succ. mod., in forza del quale, in caso di convivenza, il reddito
ai fini della norma stessa e' costituito dalla somma dei redditi di ogni
componente del nucleo stabilmente convivente - troverebbe applicazione solo in
relazione ai procedimenti civili e amministrativi, e non anche in sede penale,
laddove, invece, lo stato di convivenza rileverebbe solo con riferimento al
coniuge ed ai familiari ai sensi della L. n. 134 del 2001, art. 3, comma 2,
(gia' L. n.217 del 1990), poi sostituito dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art.
76 attualmente in vigore; b) lo stato di convivenza sarebbe risultato
comunque interrotto in conseguenza dei periodi di detenzione del C. e di quelli
da costui trascorsi in comunita' terapeutiche. Sono poi pervenute note del
difensore, con argomentazioni a sostegno della tesi prospettata con il proposto
gravame.
Il ricorso deve essere rigettato perche' infondato alla luce
dell'orientamento delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimita'.
Ed invero questa Corte ha gia' avuto modo di occuparsi della questione
relativa ai limiti di reddito, ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato, nel caso di situazione di convivenza "more uxorio"; e, con
riferimento a fattispecie relativa alla disciplina di cui alla L. n. 134 del
2001 (che aveva sostituito quella n. 214/1990), ha precisato che per la
individuazione del reddito rilevante ai fini dell'ammissione al patrocinio a
spese dello Stato, occorre tener conto, a norma della L.30 luglio 1990 n. 217,
art.3, comma 2, della somma dei redditi facenti capo all'interessato e agli
altri familiari conviventi, compreso il convivente "more uxorio" (Sez. 4, n.
13265/2004, imp. Zen, RV.228035). Orbene, come detto, tale principio e'
stato affermato in relazione alla disciplina prevista dalla L. n. 219 del 1990
come sostituita dalla L. n. 134 del 2001, in cui per i procedimenti civili ed
amministrativi risultava indicata genericamente la convivenza (inserito proprio
con la L. n. 134 del 2001, art. 15 ter, comma 2) mentre per i procedimenti
penali vi era lo specifico riferimento alla convivenza con il coniuge.
Dunque, questa Corte, in relazione alla normativa nella quale vi era
esplicito e letterale riferimento alla convivenza con il coniuge - ai fini delle
individuazione del limite reddituale per l'ammissione al gratuito patrocinio nei
procedimenti penali (ed a differenza di quelli civili ed amministrativi) - ha
interpretato la norma stessa nel senso dell'equiparazione della convivenza
coniugale alla convivenza "more uxorio". Non vi e', pertanto, alcuna
ragione per discostarsi da detto orientamento, pur nella vigenza del D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, - applicabile nella concreta fattispecie avuto riguardo
alla data della sua entrata in vigore (1 luglio 2002) ed all'epoca dell'istanza
di ammissione al gratuito patrocinio (18 luglio 2002) - pur non essendo stata
prevista alcuna differenza per i procedimenti penali rispetto a quelli civili ed
amministrativi, e pur essendo stata testualmente indicata, ai fini che in questa
sede rilevano, la convivenza con il coniuge.
Il Collegio ritiene pienamente condivisibile l'indirizzo interpretativo
appena ricordato, anche perche' lo stesso risulta assolutamente in linea con la
significativa evoluzione sociale, normativa e giurisprudenziale, registratasi
negli ultimi tempi ed evidentemente finalizzata a dare rilievo sociale e
giuridico (ovviamente, sia in "bonam" che in "malam partem") alla famiglia di
fatto e, di conseguenza, al rapporto "more uxorio" che nel caso di specie non
pare possa essere messo in discussione, sotto il profilo fattuale, avendovi
fatto esplicito riferimento lo stesso C. nell'istanza di ammissione al gratuito
patrocinio per come si rileva dal testo dell'impugnato provvedimento.
Come e' noto, infatti, e con particolare riferimento proprio al vincolo tra
soggetti conviventi "more uxorio", l'evoluzione giurisprudenziale ha
portato al riconoscimento della famiglia "di fatto", quale situazione di
rilevanza giuridica. Muovendo dalla evidente necessita' di porre l'accento
sulla realta' sociale piuttosto che sulla veste formale dell'unione tra due
persone conviventi, e' stata dunque riconosciuta valenza giuridica a quella
relazione interpersonale che presenti carattere di tendenziale stabilita',
natura affettiva e parafamiliare, che si esplichi in una comunanza di vita e di
interessi e nella reciproca assistenza morale e materiale (basti pensare, tra i
principi enunciati nella giurisprudenza di legittimita' in sede civile, a quello
secondo cui deve attribuirsi rilievo, quanto alla corresponsione dell'assegno
divorzile dovuto in conseguenza di scioglimento del matrimonio, al rapporto di
convivenza "more uxorio" - caratterizzato da stabilita', continuita' e
regolarita' - eventualmente instaurato dal coniuge beneficiario dell'assegno
stesso: Sez. 1, n. 11975/2003, RV. 565799).
Dovendo confrontarsi con le mutate concezioni che via via si sono affermate
nella societa' moderna, la giurisprudenza, in materia di rapporti
interpersonali, ha dunque considerato la famiglia "di fatto" quale realta'
sociale che, pur essendo al di fuori dello schema legale cui si riferisce,
esprime comunque caratteri ed istanze analoghe a quelle della famiglia "stricto
sensu" intesa.
Parimenti infondato e' il secondo profilo del ricorso, secondo cui il
rapporto di convivenza sarebbe risultato interrotto dalla detenzione del C.
(nonche' dai periodi dallo stesso trascorsi presso comunita' terapeutiche).
Anche su tale punto questa Corte ha avuto gia' modo di pronunciarsi ed ha
enunciato il condivisibile principio di diritto secondo cui il rapporto di
convivenza, ai fini del calcolo reddituale per l'ammissione al patrocinio a
spese dello Stato, non si interrompe con lo stato detentivo della persona
interessata al gratuito patrocinio (in tal senso, "ex plurimis": Sez. 1, n.
16160/2001, Crissantu, RV. 218638; Sez. 4, n. 37992/2002, imp. Lucchese, RV.
223790).
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento alle
spese processuali.
Cosi' deciso in Roma, il 26 ottobre 2005. Depositato in Cancelleria il 5
gennaio 2006
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