Corte Suprema di Cassazione Sentenza n. 6306 del 25 giugno 1998 Sezione I Civile

                                                                                LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

 

 SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Angelo GRIECO Presidente
" Vincenzo PROTO Consigliere
" Massimo BONOMO "
" Giuseppe SALMÈ "
" Giuseppe Maria BERRUTI Rel. "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.M. presso la PRETURA di LECCE,
Ricorrente
contro
SCARLINO LORENZO, MARZO ANGELO;
intimati
avverso il provvedimento del Tribunale di LECCE, depositato il
19-07-96; udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12-02-98 dal Consigliere Dott. Giuseppe Maria BERRUTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Stefano SCHIRÒ che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Lorenzo Scarlino veniva ammesso al patrocinio a carico dello Stato del pretore di Lecce, in data 10 novembre 1995. Il 14 febbraio successivo lo stesso pretore liquidava al difensore le competenze. Il Procuratore della Repubblica presso la Pretura di Lecce ricorreva al Tribunale dolendosi sia della ammissione al beneficio in questione, sia della entità della liquidazione delle spese al difensore.
Il Tribunale dichiarava inammissibile la opposizione relativamente alla ammissione al beneficio e lo respingeva per il resto. Rilevava che il Procuratore della Repubblica, quanto al primo profilo, non è legittimato a proporre una tale impugnazione.
Il Procuratore della Repubblica presso la Pretura di Lecce ricorre in Cassazione avverso questa decisione con un motivo.

Diritto

1) Il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 185 cpp e 3, 5, 6, 132 della legge n. 217 del 1990. Sostiene che essendo principio generale la nullità dell'atto conseguente quale effetto della nullità dell'atto presupposto, non si può negare al Procuratore della repubblica che può impugnare l'atto, conseguente, di liquidazione delle spettanze al difensore, di impugnare anche il suo presupposto, pena lo "spezzettamento" della procedura, illogico ed arbitrario.
2) Osserva la Corte che la legge n. 217 del 1990 che assicura il patrocinio dei non abbienti a carico dello Stato prevede le condizioni di ammissione a tale beneficio agli artt.li 3 e 5. Essa richiede pure all'art. 6 che il decreto di ammissione venga comunicato all'Intendente di finanza il quale, se ritiene la carenza dei presupposti, può chiedere la revoca o la modifica del provvedimento. La legge, inoltre, ribadisce tale legittimazione dell'Intendente di Finanza precisando che il suo potere di impugnativa cessa al compimento del quinquennio dalla definizione del procedimento per il quale il patrocinio è stato dato.
Quanto al Procuratore della Repubblica, la legge espressamente, all'art. 12, comma 4, prevede che può impugnare il provvedimento di liquidazione delle spese al difensore, analogamente a quanto già prevede per le competenze dei consulenti tecnici.
Ritiene il collegio che la ipotesi della nullità degli atti conseguenti per effetto della nullità degli atti presupposti, derivante dalla natura stessa del procedimento, e del quale è espressione, peraltro limitata all'ambito del processo penale, l'art. 185 cpp, non rileva nel senso sostenuto dal ricorrente. Se, infatti, deve convenirsi che la nullità del decreto di ammissione al patrocinio comporti la caducazione dei successivi provvedimenti che su questo si basano, e dunque del provvedimento di liquidazione delle spese, tale conseguenzialità giuridica di atti e di effetti non deve fare concludere per una indistinta legittimazione ad impugnare atti diversi, per effetto e funzione, e per di più contro la volontà del legislatore. Atti siffatti possono essere colpiti da nullità che nulla hanno a che vedere con la relazione di conseguenzialità suddetta, ma che hanno invece origine autonoma. Un atto di liquidazione può essere conseguente ad un decreto di ammissione al beneficio del tutto valido ma essere tuttavia illegittimo, per cagioni sue proprie, come la incompetenza, o la violazione della tariffa.
La legittimazione in questione, dunque, non è influenzata in alcun modo dalla predetta conseguenzialità procedimentale, ma dipende dalla valutazione che il legislatore ha inteso fare della opportunità di attribuire la tutela di distinti interessi pubblici, a distinti organi dello Stato. Se, dunque, il legislatore del vigente processo penale non ha inteso attribuire rilievo alla valutazione del titolare della azione penale in ordine alla individuazione dei presupposti di uno specifico modo di attuare la tutela costituzionale del diritto di difesa, ciò non è superabile interpretativamente.
Il ricorso deve essere respinto. Non deve darsi luogo a pronuncia sulle spese giacché l'intimato non ha svolto attività in questa sede.

P.Q.M

La Corte rigetta il ricorso.